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L’IA ci rende stupidi? Neuroscienze, educazione e pensiero critico con Camelot for Debate

  • Immagine del redattore: Enrica Sabatini
    Enrica Sabatini
  • 6 giorni fa
  • Tempo di lettura: 3 min

Siamo partiti da una domanda tanto provocatoria quanto necessaria:

l’intelligenza artificiale ci rende stupidi?

Ho cercato di rispondere a questa domanda nel mio intervento al Next Generation AI Summit 2025, promosso dal Ministero dell’Istruzione e del Merito. Un viaggio tra neuroscienze, educazione e intelligenza artificiale per comprendere come la tecnologia stia trasformando non solo il modo in cui apprendiamo, ma anche il modo in cui pensiamo, decidiamo e interagiamo.


L’uso dell’IA tra gli studenti: un fenomeno in crescita


Secondo la ricerca AI and Students Report 2024 condotta da TGM Research e NoPlagio, l’uso di strumenti di intelligenza artificiale generativa da parte dei ragazzi tra i 16 e i 18 anni ha raggiunto il 97%. Il 75% la utilizza per scrivere temi, il 76% per fare ricerche e il 42% per imparare nuovi contenuti.


indagine su 1007 studenti su uso CHatGPT

Questi dati mostrano una generazione immersa nella tecnologia, che deve però imparare a gestire l’impatto cognitivo dell’IA per evitare di delegare alla macchina i propri processi mentali più profondi.


Quando la tecnologia diventa “debito cognitivo”


Le ricerche del MIT Media Lab (2024) hanno dimostrato che l’uso passivo dell’IA riduce l’attività della corteccia prefrontale, l’area del cervello responsabile di pianificazione, controllo e pensiero critico.Questo fenomeno, chiamato cognitive offloading, può generare nel tempo un vero e proprio debito cognitivo: risparmiamo sforzo mentale oggi, ma rischiamo di perdere capacità riflessiva domani.


“Il rischio dell’IA non è che pensi al posto nostro,ma che ci persuada che è giusto smettere di farlo”

La mente simulativa: la chiave dell’apprendimento umano

Le neuroscienze ci insegnano che la nostra mente è simulativa: impara osservando, riproducendo, empatizzando.È grazie a questa funzione che comprendiamo le intenzioni e le emozioni altrui — un meccanismo che ci rende profondamente umani, ma anche naturalmente inclini a fidarci di chi (o di ciò che) mostra coerenza e somiglianza con noi.


Mente simulativa e debate

Ecco perché l’IA, capace di simulare linguaggio e intenzionalità, esercita su di noi un’influenza così forte: attiva i nostri stessi circuiti di fiducia e riconoscimento.


Adolescenti e decision making: un cervello in costruzione

Durante l’adolescenza la corteccia prefrontale non è ancora completamente matura.Le decisioni sono guidate da tre forze principali:


  1. le emozioni, dominate dal sistema limbico,

  2. la ricerca di gratificazione immediata, legata al sistema dopaminico,

  3. l’influenza dei pari, che rende l’approvazione sociale più forte della valutazione razionale.


Capire come funziona il cervello in questa fase è essenziale per progettare strategie educative che rinforzino il pensiero deliberato e critico.


Camelot for Debate: l’IA che allena la mente


Per affrontare queste sfide ho ideato, con il team di Camelot, la piattaforma Camelot for Debate:un sistema che unisce intelligenza artificiale e metodologia del Debate per allenare nei ragazzi la capacità di argomentare, confutare e riflettere sui propri processi di pensiero.


Camelot for debate

L’IA analizza automaticamente argomentazioni, confutazioni e bias cognitivi, restituendo report formativi utili a studenti e docenti.In questo modo, la tecnologia non sostituisce il giudizio umano, ma lo stimola e lo rende più consapevole.


Come camelot fir debate usa IA per analizzare dibattiti

Camelot for Debate può essere utilizzata a scuola per percorsi di educazione civica, orientamento, PCTO e cittadinanza digitale, in coerenza con le Linee Guida ministeriali sull’IA a scuola (MIM, 2024).


Conclusione: la sfida di restare umani


Per concludere, alla domanda: l’IA ci rende stupidi?La mia risposta è sì, ma solo se glielo consentiamo.


Abbiamo la possibilità di usarla in modo consapevole, possiamo usarla come specchio per vedere le nostre fragilità e potenziarle,e soprattutto possiamo usarla come uno dei più potenti strumenti di evoluzione cognitiva e metacognitiva.


Per questo credo che la sfida del futuro — che ci piaccia o che ci spaventi —e anche di chi costruisce strumenti come Camelot for Debate,sia quella di ricordarci ogni giorno il valore e l’unicità di restare umani.
Enrica Sabatini presenta Camelot for Debate al Next generation AI Napoli 2025

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