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  • Immagine del redattoreEnrica Sabatini

Perché siamo programmati per immaginare. E per farlo tutti insieme.



Perché sentiamo spesso il bisogno di immaginare come sarà il futuro, che cosa accadrà tra tre anni, tra dieci anni, tra vent'anni, tra trent'anni? Perché continuiamo a immaginare o vogliamo programmare il futuro?

Se ci pensiamo, facciamo continuamente una specifica attività, ad esempio in ambito lavorativo. Immaginate un architetto che progetta un grattacielo o un'equipe che studia come delle particelle, incontrandosi a velocità della luce, si trasformano, creano qualcosa. Immaginate dei manager che devono studiare l'impatto di un nuovo prodotto sul mercato.


Tutte queste attività sono collegate da una competenza umana specifica: la capacità di simulare qualcosa che non esiste, qualcosa che esisterà o qualcosa che è già esistito. E' una competenza umana straordinaria che ci consente di riprodurre a vari livelli un fenomeno o un processo.



Perché vi sto parlando di questo?

Perché questa competenza ha un ruolo fondamentale anche nella nostra vita politica e da cittadini attivi. E lo facciamo costantemente. Lo facciamo anche nell'ambito della formazione, dell'apprendimento. Immaginate, ad esempio Alberto Angela, lo fa spesso: utilizza la realtà virtuale per riprodurre, simulare magari un passato che noi non possiamo vivere, di centinaia e centinaia di anni fa. Lo fa perché questo processo di visualizzazione, di riproduzione di un passato che non possiamo più vedere - magari una Roma antica riprodotta con la realtà virtuale - si sposa con il nostro processo di simulare qualcosa che non siamo in grado di vedere o che non abbiamo potuto vedere non potendo partecipare a quel passato così lontano.


Lo facciamo anche nel processo creativo. Quando nasce un'idea mettiamo un elemento magari insieme ad un altro elemento, li misceliamo, immaginiamo l'effetto e nasce un elemento creativo, nasce un’ idea, nasce un progetto. Lo fanno spesso gli scrittori, lo fanno i bambini: l'amico immaginario dei bambini, no? Immaginiamo qualcuno che non esiste, gli scrittori lo fanno quando inventano dei personaggi. Quando sono state fatte delle interviste a degli scrittori, il 92 % ha riferito di vivere un'illusione.


Si chiama illusione della soggettività indipendente. Cioè gli scrittori immaginano che i personaggi che hanno creato siano reali, abbiano dei loro pensieri, delle loro azioni, dei loro comportamenti

Ed è straordinario pensare che un personaggio che uno scrittore ha inventato venga considerato dallo stesso scrittore qualcosa che può vivere da solo.


Quante volte ci siamo innamorati di qualche attore di qualche personaggio che non esiste? Ci siamo innamorati dei suoi pensieri, dei suoi sentimenti e siamo arrivati anche ad immaginare che questo personaggio si comporterebbe in un determinato modo. Perché è talmente potente questo processo di simulazione, di immaginazione, da crearsi in qualche modo una narrazione che ci colpisce profondamente.


Lo fanno, come dicevo, anche i bambini con l'amico immaginario. Per tanti anni, in ambito psicologico, si è pensato che i bambini che immaginassero un amico lo facessero per solitudine o che fosse una sorta “gemello di sè”. In realtà i bambini che inventano questo personaggio - questo amico immaginario - sono bambini più socievoli che poi creano delle relazioni, perché con questo amico immaginario parlano, discutono, litigano, mettono in scena delle relazioni interpersonali che poi diventano un vantaggio nella vita.


Perché vi sto dicendo tutto questo? Perché questo processo di simulazione, di immaginazione, di ricreare una realtà è una competenza umana profonda, nostra, trasversale in ogni nostra esperienza, in ogni nostro incontro con l'altro.


Ed a scoprire che siamo esseri umani predisposti all'immaginazione, alla simulazione, sono stati gli italiani.

Pochissime persone lo sanno, ma alla metà degli anni 90, un'equipe di ricercatori italiani dell'università di Parma scoprì i neuroni specchio.


Questa è una delle scoperte più importanti del mondo in ambito psicologico, è paragonato al DNA per la biologia. Io vengo dal mondo della psicologia, quindi per me è ancor di più importante, ma perché ritengo che la psicologia sia in ogni cosa:nell'interazione, nel guardarsi l'un l'altro, nel creare appunto rapporti. E questi ricercatori, dicevo, hanno scoperto questi famosi neuroni specchio e li hanno chiamati in questo modo perché facendo degli esperimenti si resero conto che c'erano dei neuroni motori, cioè dei neuroni che si attivano quando noi compiamo un'azione, ad esempio afferriamo un oggetto, ma che si attivavano anche quando è l'altro a fare questo gesto.


Quando all'interno dell'università, nei miei corsi, racconto questo agli studenti, normalmente la faccia che fanno è questa. Perché se la prima domanda che si fanno è “ma lo chiederà all'esame?”, ma la seconda è “e quindi?


Il fatto che un mio neurone si attivi nel momento in cui io faccio un'azione, ma si attivi anche quando io quell'azione non la faccio, ma la fa qualcuno davanti a me, cosa ha di così speciale?

In realtà è un meccanismo potentissimo, perché all'interno della nostra mente, noi riverberiamo, riproduciamo un'azione dell'altro.


Per spiegarlo forse, per comprenderlo, possiamo fare riferimento ad esempio agli sportivi. Immaginate gli sportivi che prima di una prestazione atletica - magari una persona che deve fare il salto in alto - che cosa fa? Attua un processo di visualizzazione, immagina quel salto che dovrà fare, lo fa perché lo riproduce nella sua mente, quindi attiva quei neuroni anche in assenza dell'azione stessa. Si utilizza, ad esempio, anche nella formazione. I medici fanno vedere ad un'altra persona una procedura magari medica, perché questo consente al discente che sta guardando questa azione, di iniziare in qualche modo ad allenarsi nella propria mente, senza fare quell'azione.


Quindi parliamo di un processo particolarmente importante che ci dice una cosa: siamo collegati. Se l'azione di un altro io la riproduco nella mia testa, vuol dire che l'azione dell'altro è collegata a me ed ha influenza su di me.

I neuroni specchio infatti, hanno dimostrato questo, hanno dimostrato che noi siamo predisposti a comprendere le azioni dell'altro, a comprendere le intenzioni dell'altro.


Perché c'è un altro aspetto fondamentale: i neuroni specchio non si attivano se l'azione che noi osserviamo non ha una finalità, magari un gesto coreografico. Si attivano solo se quell'azione ha un'intenzione. Perché per sopravvivenza io devo capire la differenza tra una mano che si avvicina a me per accarezzarmi ed una mano che si avvicina a me invece per colpirmi. Quindi il cervello deve necessariamente decriptare se quel gesto è pericoloso o meno.


Abbiamo quindi un cervello, grazie ai nostri neuroni, che ci consente di comprendere le azioni dell'altro, le intenzioni, ma anche le emozioni. Sono alla base dell'empatia: io comprendo l'altro, non perché analizzo la sua emozione, ma perché la sua emozione la riproduco nella mia testa e la sua emozione è mia.


Che cosa significa tutto questo? Che siamo potenti persuasori dell'altro e che il nostro comportamento può influenzare l'altro.

Se nel momento in cui faccio un gesto e la persona davanti a me riproduce quel suo gesto nella testa, allora se io raccolgo una carta per terra, quel gesto viene riprodotto nella testa dell’altro, se io accarezzo qualcuno o abbraccio qualcuno quel gesto viene riprodotto nella testa dell'altro.


Noi siamo collegati. Così come la rete collega dei nodi, le nostre menti si collegano l’un l’altra. E l'umanità alla fine è questo.

Qualcuno parla, infatti quando si discute di neuroni specchio, di “lettura del pensiero”, perché nel momento in cui ci osserviamo - Laura Bottici ieri mi diceva "noi non ci conosciamo, ma ci riconosciamo" - diventiamo un potente strumento di persuasione.


E perché faccio questo discorso in un momento in cui siamo al governo? Perché noi, in realtà dobbiamo immaginare di essere un popolo al governo e lo possiamo fare in questo modo, influenzandosi reciprocamente in una direzione positiva.


Quando vedete ad esempio la pubblicità, le pubblicità utilizzano spesso i testimonial, persone che hanno un determinato stile di vita mettono in atto dei comportamenti e sono potentissimi a livello persuasivo. Per queste motivazioni, perché si basano su quella che viene definita esperienza vicaria, cioè l'esperienza di un altro che diventa potentissima per me. Quante volte avete immaginato di poter fare una cosa, perché un vostro amico è riuscito a farlo. "Smetto di fumare" ok, vedo un amico che fuma 20 sigarette al giorno, se riesce a smettere lui, forse ce la faccio anch'io.


L'esperienza dell'altro è un potente persuasore, influenza il nostro comportamento.

Perché se l'altro ce l'ha fatta, ce la posso fare anch'io. Ecco perché spesso vengono utilizzate le esperienze dell'altro come esempio per gli altri. Ed essere esempio è importante anche per dare vita a quello che i sociologi chiamano devianza positiva. Cioè un anticonformismo della gente comune. Persone che decidono un giorno ad esempio di scendere in piazza e di raccogliere 300 mila firme per far capire a qualcuno che si può modificare il corso della storia.


Noi abbiamo questo potere, ed è quello che voglio raccontarvi, che voglio condividere con voi e proprio questo: noi siamo predisposti ad immaginare, siamo predisposti a sognare, siamo predisposti a costruire il futuro ad anticiparlo perché questo ci consente di autoregolare il presente. Nietzsche diceva "il futuro influenze il presente tanto quanto il passato" e quando ho letto un libro di Gianroberto Casaleggio ho scoperto che questo era uno dei suoi aforismi preferiti ed ho capito allora il perché anche di tutto questo.


Noi siamo predisposti e siamo costruiti per sognare, ma siamo soprattutto predisposti a sognare tutti insieme. Grazie.


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